Il Gargano nella storia

Il Gargano, detto anche sperone d’Italia, è un massiccio promontorio che è limitato a sud ovest dai torrenti Fortore e Candelaro e si estende dalla foce dello stesso Fortore fino al Golfo di Manfredonia, protendendosi nel mare per circa 65 km di lunghezza e 40 km di larghezza.

“ Appulus Hadriacas exit Garganus in undas”

Ciò che costituì motivo di tanto per lucano, 2000 anni or sono, è stato ormai provato che è emerso nel periodo terziario come isola e, successivamente, si è unito al sub-appennino dauno grazie all’opera concorrente del sollevamento postpliocenico della pianura e del suo interramento per alluvioni fluviali, congregandosi nell’attuale forma peninsulare. È un gran dosso calcareo, compatto nel suo insieme con declini periferici ripidi, che delimitano tutto intorno una vasta schiena appiattita, la cui altitudine si muove tra i 600 e i 1000 m. Le groppe arrotondate, di cui la più alta è il monte Calvo (1056 m), non alterano la fisionomia generale di un altopiano e creano il caratteristico paesaggio dei territori carsici. Qui si incavano grotte meravigliose dal passato mitico e leggendario, la si diffondono doline di forme e dimensioni varie, altrove si aprono vere conche senza sfoghi superficiali e si inabissano forre di selvaggia imponenza fra un susseguirsi di dossi e costoni che si spingono via via verso il mare dove si tuffano quasi a precipizio.

Ha un’idrografia in prevalenza sotterranea, che, se rende gli aspetti geografici vari e superbi, mortifica, però, quelli vegetativi e talvolta anche quelli umani e sociali. Solo in alto il territorio è rivestito dal meraviglioso manto, unico della Puglia, della Foresta Umbra, dove predominano grossi faggi insieme a cerri, frassini, aceri, pini. Il Gargano ha un’estensione di circa 2200 kmq e comprende 17 comuni: Lesina, Poggio Imperiale, Apricena, S. Nicandro Garganico, Cagnano Varano, Carpino, Ischitella, Rodi Garganico, Vico del Gargano, Peschici, e Vieste nel versante superiore del promontorio; Rignano Garganico, S. Marco in Lamis, S. Giovanni rotondo, Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia, in quello inferiore.

I primi insediamenti umani, anche se ancora ne rimangono sconosciuti gli usi, i costumi e la loro provenienza risalgono al periodo paleolitico come è dimostrato dagli innumerevoli reperti rinvenuti nella grotta Paglicci (Rignano Garganico), nella piana di Carpino, di Umbra, presso i torrenti Correntino, Romandato e Campana, Molinella e nella grotta Drisiglia (Vieste), alle sorgenti di Irchio, a Vico del Gargano su Monte Grande, lungo il Candelaro e nella grotta che si Nevigata di Manfredonia. Durante il quinto millennio gli insediamenti capannicoli e cavernicoli sono molto diffusi, specie sulle coste: a questo periodo risale la formazione degli agricoltori e degli allevatori fra gruppi dediti alla pesca e alla caccia. Nel secondo millennio a.C. si vuole l’avvento degli Japiges che la tradizione presenta sotto forma di immigrazione di Cretesi ed Illiri e che suddivisero la Puglia in Daunia, Peucezia, Iapigia, e Messapia.

Mentre dei Messapi si ha un numero imponente di iscrizioni, le testimonianze epigrafiche dei Dauni sono scarsissime è insufficienti per la conoscenza della loro lingua e dei loro costumi. Finora se ne conoscono soltanto frammenti, sei a Vieste e una a Lucera, che gli studiosi hanno inteso come dediche e invocazioni sacre a tre divinità, Zeus, Demetra e Venere e li ritengono “il più illustre documento linguistico dell’antica Daunia”. A queste iscrizioni bisogna aggiungere le poche monete rinvenute nelle zone di Arpi e di Salpi e le numerose stele, oltre 2000, provenienti la maggior parte dalla necropoli-santuario di Monte Saraceno, presso Mattinata, che furono scoperte dalla solerte, infaticabile, perspicace storiografico, prof. Silvio Ferri, dell’accademia dei Lincei.

Esse sostituiscono la carenza degli avvenimenti scritti e rappresentano meravigliose stupende pagine illustrate, i “fumetti” preistorici, che è lo studioso dovrà ora interpretare per svelare i costumi dell’epoca di questi popoli euro-asiatici che sono venuti a “scoprire” le nostre contrade; la loro religione, la loro passione per la pesca e per la caccia e i loro sistemi di coltivazione dei terreni.

Alle immigrazioni indoeuropee protrattesi fino al XVII-XVI sec. e, dopo la distruzione di Troia, quelle provenienti dalla Frigia, guidate da Diomede e approdate sulle coste del Gargano. La leggenda vuole che il “Victor Gargani” sottomise i Nomadi o Monadi e i Dardi, distruggendo le città di Aprina e di Trica e aiutò, successivamente, nella guerra contro i Messapi il re Dauno, che gli diede in sposa la figlia Euippe. Diomede, oltre a fondare la città di Argirippa (Arpi presso Foggia), Canosa, Brindisi, Venosa, Benevento, diede origine, secondo la tradizione, anche diversi centri del Gargano, fra cui Sipontum, Uria, Apeneste, Merinum, Collatia, Pigiano, Siponto, nei pressi di Manfredonia, è la città che ha resistito più a lungo ed è stata senza dubbio la più importante della Daunia dal periodo della magna Grecia fino all’alto medioevo.

I resti di Pigiano sono ancora visibili sul colle che sovrasta S. Giovanni Rotondo; Collatia è indicata nei pressi di Apricena; Merino, a cui facevano capo anche villaggi di Manaccore, Ariola e Molinella, è ubicata a 9 km a Nord di Vieste. Di Uria e di Apeneste sono invece dubbie le indicazioni dei loro siti; molti studiosi vogliono Uria nei pressi del lago Varano, che allora era aperto sul mare è noto come porto Garnae, altri nella piana di Carpino, a Rodi, a Vico e anche a Vieste. Il sito di Apeneste, invece, è conteso da due soli gruppi, chi lo vuole Mattinata e chi lo vuole a Vieste.

Nello splendido periodo della magna Grecia, i paesi del Gargano prosperarono nel commercio, nell’agricoltura ed anche nelle arti, la cui testimonianza è data dagli stupendi vasi, lucerne, ampolle di ogni tipo e grandezza, tutti finemente decorati. All’inizio del terzo secolo a.C., il Gargano fu raggiunto dall’espansione romana e ne diventò Colonia; e durante l’impero di Augusto, costituì con l’Apulia e la Calabria (oggi Salento) la “seconda regione italica”. I traffici con i paesi orientali si intensificaronoe un posto preminente fu riservato ai porti, fra questi, quello di Agaso nei pressi di Vieste.

La Puglia e il Gargano furono tra le prime in Italia a conoscere ed accettare il messaggio di Cristo: le necropoli Paleocristiane disseminate in tutti paesi ne sono i più vivi è superbi attestati di questa nuova fede, per la quale molti neofiti seppero sacrificare anche la propria vita. La tradizione fa risalire al quinto secolo l’apparizione dell’arcangelo Michele in una grotta di Monte Sant’Angelo, che diverrà poi, grazie anche ai longobardi e ai normanni, un famoso santuario meta di pellegrinaggi provenienti da tutta l’Europa. Da allora gente umile è potente, principi e imperatori, papi e santi, pastori e contadini, soldati di ventura e crociati, donne, vecchi e bambini, a milioni, attraverso tutti questi secoli, si sono trascinati ginocchioni, col capo cosparso di polvere, con abiti laceri e dimessi, in questa sacra Spelonca, che

TERRIBILIS EST LOCUS ISTE
HIC DOMUS DEI EST
ET PORTA COELI

per invocare grazie o fare penitenza.

Le prime invasioni barbariche e la conseguente caduta dell’impero d’Occidente, in realtà non furono motivo di disastro per il Gargano: le città e le popolazioni continuarono sotto il dominio degli Ostrogoti a vivere la loro vita ordinata e pacifica. Quando, però, i Bizantini tentarono di riprendere la Puglia (535-553) sopravvennero rovine e devastazioni e iniziò così la decadenza economica, politica e sociale che durò per molti secoli. I Bizantini, infatti, si diedero a sfruttare esosamente gli abitanti della Puglia imponendo tasse gravissime.

Nè migliore si dimostrò il governo dei longobardi che si erano insediati nel VII secolo. È in questi periodi così penosi si aggiunsero anche le incursioni dei Saraceni che con assalti improvvisi e tremendi saccheggiavano e terrorizzavano le popolazioni. Solo dopo il 1000 ritornò a risplendere per la Puglia per il Gargano un po’ di luce, grazie anche alla diffusione degli ordini religiosi, i quali seppero infondere fiducia e coraggio specialmente nella ripresa delle attività agricole. Scesero anche ai Normanni, dapprima come pellegrini al santuario di San Michele e poi come alleati delle popolazioni in rivolta contro i bizantini e longobardi. Ma il loro aiuto non fu del tutto disinteressato intervennero solo a scopo di conquiste e in meno di mezzo secolo divennero padroni di tutta l’Italia meridionale e della Sicilia. Estintasi la dinastia normanna degli Altavilla con Guglielmo II il buono, nel secolo VIII scese quella degli Svevi, che dette alla Puglia e al Gargano un’epoca fausta e serena di un. Si intensificarono le attività mercantili, artigianali, industriali e quelle agricole e si dette il nuovo impulso alle arti e al fiore di una nuova cultura.

Il dominio Angioino (1269 – 1442) fu una vera calamità e l’Italia meridionale non conobbe altro che guerre, devastazioni e saccheggi. In questo periodo di triste decadenza, accentuatosi ancor di più con gli aragonesi, la Puglia fu smembrata in tanti feudi, i cui signorotti miravano solo ad arricchirsi provocando continue ribellioni. Solo con Ferdinando I d’Aragona si ebbero degli sprazzi di serenità. Questi dopo aver vinto e sottomesso baroni del regno, pensò subito a rafforzare lo Stato, validamente aiutato da Giorgio Castriotta detto Scanderbeg, che ricevette in compenso le città di Trani, Monte Sant’Angelo e San Giovanni rotondo. Ma la sanguinosa guerra fra Spagna e Francia che subito seguì, le efferatezze dei Saraceni che spesso piombavano all’improvviso, il lungo e arido dominio spagnolo (1503 – 1706) e l’esosa oppressione dei feudatari gettarono il Gargano nella miseria più nera. Neanche mi gli austriaci, nel loro breve periodo (1738 – 1748) si preoccuparono di risollevare le tristi condizioni.

Solo con l’avvento dei Borboni si ebbero le prime riforme e la costruzione di porti e strade, che diedero una ventata di nuova prosperità al commercio e all’agricoltura. Anche nel decennio napoleonico (1805 – 1815) il governo francese di Gioacchino Murat mirò a radicali e profondi cambiamenti, abolendo i diritti feudali e ripartendo le terre e fra comuni e cittadini; diede vigore all’istruzione pubblica, incoraggiò le iniziative private, bonificò plaghe insalubri e aprì altre strade.Il resto è storia nota: alla spedizione garibaldina del 1860 seguì l’unificazione d’Italia, alla monarchia la Repubblica e tutti i governi si sono sempre sforzati per risolvere i plurisecolari mali della miseria dell’occupazione della gente del Gargano.

Oggi la popolazione, prevalentemente agricola, è interessata anche alla pesca, alle attività commerciali, industriali (quasi tutte a livello artigianale), al turismo e alle industrie estrattive, come quelle dei marmi e degli alabastri di Apricena, San Marco in Lamis, San Giovanni rotondo, del tufo di Cagnano Varano e della bauxite di S. Giovanni rotondo, le cui miniere sono state recentemente chiuse. Il contadino, con ingegno e pazienza, ha reso fertile i ripidi fianchi collinari, ha trasformato valli e conche e ha utilizzato anche il terreno di ristretti piani per piantare viti, ulivi, agrumi, mandorli o dare vita a rigogliosi orti. Ogni paese ha una sua caratteristica inconfondibile, ognuno una sua particolare attrattiva. A Nord occhieggiano luminosi i laghi di Varano e di Lesina, lungo la costa alta e biancheggiante si affacciano civettuole Rodi, Peschici, Vieste, Mattinata, ai piedi del promontorio palpita l’industriosa Manfredonia, mentre, nell’interno, tutti gli altri, posti su voluttuose colline, dominano gli immensi orizzonti.

“ Non uno degli elementi che costituiscono il patrimonio turistico di una Regione o di un paese manca il Gargano: il clima sanissimo, le immense distese dei boschi, le bellezze naturali, i monti elevati e pittoreschi, le marine assolate e salubri, i centri abitati che offrono infinite ragioni di curiosità e di interesse per il viaggiatore. Perciò un’escursione nel Gargano, lungo la costa e nell’interno, costituisce uno di qui godimenti che soltanto pochi paesi privilegiati possono dare”.

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