Dire delle origini di una città non è cosa semplice: si brancola nel buio dei tempi, si annaspa nel campo delle ipotesi partendo dai pochi rinvenimenti archeologici e si lavora quasi sempre nel campo delle intuizioni e nel mondo della fantasia. Dalle ricerche archeologiche effettuate sin dagli ultimi decenni del secolo scorso si ha certezza che l’uomo preistorico è già presente nel territorio di Vieste nel periodo paleolitico. Affermazioni più autorevoli vengono ancora dal prof. Pugliesi, che nel 1946 scoprì a Molinella, nella grotta Drisiglia, un’interessante stazione con abbondanza di manufatti litici ricavati dalle selci: coltelli, punte di frecce, utensili per lavorare le pelli, asce, amigdali. |
Ma i primi complessi urbani, cioè la riunione di più tribù in un unico centro organizzato, diretto e guidato da un capo, difeso da mura di cinta o da un fossato, sorgono nella seconda metà del II millennio, quando, cioè, gli Japiges si stabilirono in Puglia; e il massimo splendore di queste prime città fu raggiunta dall’XI/X sec. Al VI sec. a. C. A questi popoli indoeuropei, provenienti dall’Etolia, si deve l’incremento della coltura del grano, della vite e dell’ulivo, lo sviluppo dell’industria della porpora estratta dai murici, che in abbondanza vivono lungo le coste del Gargano e il fiorire del commercio con la vicina Dalmazia. Sorsero anche Merinum e Apeneste, che, secondo la leggenda, sono state fondate da Diomede. |
La loro posizione era ideale: il terreno ferace produceva grande quantità di prodotti; copiosissimi erano gli animali da cacciare e da allevare; il mare pescoso e le numerose baie offrivano sicurezza e benessere al pescatore. Anche i monti alle spalle erano coperti da foreste interminabili di alberi di alto fusto, come olmi, frassini, cerri, faggi, carpini, ornelli, querce, da cui si ricava legname per le imbarcazioni, palificazioni e per la costruzione delle capanne. Pertanto, notevole importanza nella vita commerciale con i paesi d’oltre-Adriatico era stato acquisita dai porti di Agaso, Apeneste e di Avianne.Gli abitanti di Vieste avevano un grado di cultura molto elevato (le epigrafi daune sono da datare a questo periodo) e inumavano i loro morti in posizione fetale o rannicchiata o adagiati sul fianco sinistro in tombe a tronco di cono o di piramide, scavate nella roccia, corredate di anfore, lucerne, piramidette fittili, vasi di varie grandezze e colmi di diverso cibo, monete, armi, monili, ecc. Queste erano sparse in tutto il territorio del Gargano, specie sul tratto di costa che va dalla punta di S. Francesco al Castello, a S. Salvatore e nelle località limitrofe a Marinum, Caprarezza e la Salata. |
Dovranno trascorrere molti secoli prima che il nome di Vieste, appaia nella scena storica: comincia ad essere citato solo nei primi secoli dell’era cristiana. Alcuni studiosi sostengono che questo nome è una corruzione di Hesta, abbreviazione di Apeneste, di origine etrusca come Praeneste, Ateste, Tergeste e significa “presso il fuoco”. Altri affermano che il nome Vieste è dovuto alla presenza in questo luogo del tempio della dea Vesta (probabilmente nella grotta che trovasi al disotto della Cattedrale). Altri adirittura pretendono che sia stato Noè a darle questo nome, a ricordo della moglie Hesta o Vesta, che volle seppellire sullo scoglio di S. Eufemia.Altri la chiamano Vibeste, di origine preindoeuropea, che successivamente si è corrotta in Viveste, Viesti e Vieste. Altri ancora la dicono di origine greca e fissano la sua fondazione o almeno quella di Apeneste (Vieste = Apeneste) agli anni che seguirono la fondazione di Siponto avvenuta nel 694 a. C., e precisamente tra il 554 e il 407, quando cioè Siponto, per difendersi dai continui attacchi e depredazioni da parte degli abitanti di Uria, chiese aiuto ai suoi connazionali greci, che accorsero in massa e si spersero poi per tutta la Daunia e il Gargano, fondando nuove città. Infine Silvio Ferri fa derivare il nome di Vieste dai Bistones, che con i Paiones sono pervenuti dall’Asia centrale. |
Senz’altro, quando il mare era l’unica grande via di comunicazione ed era il passaggio obbligato di chi da esso traeva ogni risorsa, non potè essere trascurata questa penisolettà così vicina ai Balcani: divenne, infatti, colonia dei Greci e successivamente dei Romani e il suo porto fiorì per il commercio anche con i paesi d’oltre Egeo e divenne meta preferenziale di mercanti che qui avevano fissato i loro molteplici interessi.La scomparsa di Merino, come quella di Matino e di Uria, è avvolta nel mistero più fitto. “In che tempo e da chi fosse stata distrutta, non se ne ha memoria tra gli scrittori. Egli è però ben certo, che non finì il suo lustro nel Gentilesimo, o con la religione Pagana di Roma, mentre ancora ne’ tempi fortunati della nostra Era Cristiana ebbe ella il vanto di avere la sua cattedra Vescovile”. Tale triste avvenimento è da ricercarsi nell’alto Medioevo, quando le continue aspre lotte fra Longobardi e Greci e le feroci incursioni dei Saraceni cancellarono ogni traccia dei centri urbani e dei vescovadi; ma anche quando capovolgimenti terrestri e atmosferici, terremoti, maremoti, alluvioni, sconvolsero il Gargano. |